domenica 17 novembre 2024

Da Newton al codice colori dei resistori






Newton scoprì che facendo passare un raggio di luce bianca solare attraverso un prisma di vetro a base triangolare, esso emergeva dal prisma scomposto nei sette canonici colori dell'arcobaleno: rosso, arancio- ne, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Questa successione di colori viene ripresa per ricordare le cifre per calcolare la resistenza di un resistore. Di seguito le tabelle dei codici dei colori dei resistori:


Di seguito all'interno del progetto Lele la lezione di elettrotecnica del Prof Aldo Domenico Ficara: Il codice dei resistori colori 



lunedì 15 aprile 2024

Arduino l'open hardware cresciuto ad Ivrea che perfino la Intel ci invidia

 



Una brutta storia, nata da una delle realtà più belle della tecnologia made in Italy. Nel cuore di Arduino, il processore open hardware cresciuto ad Ivrea che perfino la Intel ci invidia, è infatti scoppiata la guerra.

Da una parte quattro dei cinque soci storici, compreso il “padre” e il volto pubblico del progetto Massimo Banzi, dall’altra Gianluca Martino che da sempre si occupa concretamente della produzione delle schede. Più un sesto incomodo, Federico Musto, che da lunedì sostiene di essere il nuovo timoniere che porterà il processore italiano verso la conquista di nuovi mercati. Il tutto ad insaputa dei quattro fondatori sopra citati, Massimo Banzi in testa. Viene subito in mente la cacciata di Steve Jobs dalla Apple nel 1985, o l’allontanamento dalla Sony di Ken Kutaragi, l’ideatore delle prime tre PlayStation. Ma qui c’è la componente italiana, farsesca per molti versi, che rende lo scontro in seno ad Arduino diverso.

“E’ surreale quel che sta accadendo”, racconta da Londra Massimo Banzi. “Qualche giorno fa ho letto sulle agenzie della cosiddetta svolta corporate di Arduino, senza che noi ne sapessimo nulla. E ho appreso che questo signore, che nulla a che fare con la nascita di Arduino né con la sua gestione, sarebbe diventato il nuovo amministratore delegato”

Si riferisce a Federico Musto?
“Esatto”

Mi perdoni, come è possibile che qualcuno arrivi e dica che è alla guida di Arduino se c’entra relativamente poco?
“Appunto: come è possibile? E perché in tanti gli hanno dato retta? La questione è semplice. Fra noi, fra noi quattro e Ginaluca, c’era una visione diversa. E’ proprietario della fabbrica di Arduino ad Ivrea ed è sempre stato contrario all’internazionalizzazione del nostro progetto”

Si spieghi meglio.
“Arduino è un progetto open hardware: chiunque può fabbricarlo, i progetti e gli schemi sono online. Quello che differenzia la versione per così dire originale è la sua identità. L’essere al centro del movimento dei maker da dieci anni. E’ un brand perché ha una sua filosofia e una storia. L’hardware puro e semplice non è il centro. Ci sono diverse fabbriche che realizzano le schede Arduino in giro per il mondo. Quella di Ivrea però, che è di Gianluca, ha avuto storicamente una quota importante nella produzione. La mia idea di espandersi nel mondo cozza con la sua che teme di dover ridurre la produzione. Ma se vuoi davvero sbarcare in Cina, dove già copiano Arduino perfino con il nostro logo, non puoi farlo continuando a tenere la maggior parte della produzione in Italia”.

Di qui la spaccatura?
“Gianluca Martino ha messo Musto a capo della società che produce le schede in Italia, quella che ha il sito Arduino.org, che non c’entra con il sito storico Arduino.cc. Si sono appropriati del nome visto che non è un marchio registrato, comunicando ai quattro venti che è tutto nelle loro mani. Hanno perfino fatto riferimento all’accordo con la Intel, quando sono io che l’ho siglato. Parlano di una svolta internazionale mentre Arduino sono anni che ha uffici in America, Svezia, India… Senza dimenticare che dei cinque fondatori due sono statunitensi, uno è spagnolo e poi ci siamo noi due italiani. Arduino è nato come una realtà internazionale. E Musto in questa storia non c’entra nulla. Ha solo collaborato con noi ad un progetto e si è poi inserito sfruttando i dissapori all’interno del gruppo”.

Dissapori di lunga data?
“Si, ci sono altre questioni ed azioni legali in corso. Non posso scendere nei dettagli proprio perché le cause sono in pieno svolgimento”.

Come mai la Intel si è interessata a voi?
“Intel si è accorta di essere assente nel mondo dei maker. Ci hanno contatto per fare un prodotto che abbia Intel come base e che possegga la filosofia Arduino. La scheda Galileo è nata così. Di nuovo: la costruzione dell’hardware è questione non fondamentale. Noi stiamo cambiando il mondo, dando alle persone la possibilità di inventare. Ma anche restando nelle logiche di business, è ovvio che sulla produzione di hardware puro gli spazi si riducono. Devi essere un brand in primo luogo, avere un marchio e una identità forte. E’ sull’identità che si costruisce il nostro business futuro. Dunque anche sugli accordi con la Intel, che legittimano un percorso, sono un riconoscimento per Arduino. Chiaramente la strategia di trasformare Arduino in una azienda globale di questo tipo a Gianluca Martino non piaceva perché è legato alla produzione pura”.

E ora cosa farete?
“Aspettiamo di vedere cosa diranno questi signori. La loro strategia è semplice: prima che la causa si concluda ci vorrà tempo e intanto loro hanno sollevato un polverone accreditandosi come i referenti per Arduino. Abbiamo cercato di sanare la frattura parlando perfino con Musto che però sosteneva di non poterci incontrare perché era in Cina mentre invece incontrava i giornalisti per dire di essere al timone di Arduino”.

Sembra difficile che qualcuno che abbia voglia di costruire un progetto con Arduino parli con Musto invece che con lei. 
“Si, è improbabile. Per altro sono qui a Londra a stringere accordi con aziende della stazza di Intel. Ma questa storia non fa bene ad Arduino e mi fa male anche sul piano umano perché è la fine di un’amicizia di lunga data. Insomma: un peccato, da tutti i punti di vista”

 

Articolo ripreso dal blog playground.blogautore.repubblica.it – autore: Jaime d’Alessandro

sabato 6 aprile 2024

La BCMI acquista il 100% di Arduino AG, la società che possiede tutti i marchi Arduino.


Riportiamo integralmente un articolo del Sole 24 Ore che spiega l'acquisto da parte della BCMI, società fondata da Massimo Banzi, David Cuartielles, David Mellis and Tom Igoe, che ha acquisito il 100% di Arduino AG, la società che possiede tutti i marchi Arduino. Di seguito l'articolo:

Un nuovo capitolo. Forse quello definitivo. La BCMI, società fondata da Massimo Banzi, David Cuartielles, David Mellis and Tom Igoe ha acquisito il 100% di Arduino AG, la società che possiede tutti i marchi Arduino. La notizia è stata diffusa con una nota ufficiale firmata BCMI, nella quale vengono comunicati anche i nuovi ruoli societari: a Massimo Banzi le cariche di Chairman e CTO, mentre il posto da CEO finisce a Fabio Violante. Federico Musto, socio di Arduino col quale erano nate le dispute degli ultimi anni, non fa invece parte di BCMI e rimane dunque fuori dal futuro dall'azienda italo-americana che produce la scheda alla base del movimento dei makers.

Banzi: inizia una nuova era

«Per Arduino - ha detto Massimo Banzi al Sole24Ore subito dopo l'ufficializzazione dell'operazione – è l'inizio di una nuova era in cui rafforzeremo e rinnoveremo il nostro impegno per l'hardware e il software open source. Allo stesso tempo imposteremo l'azienda su un percorso di crescita finanziaria sostenibile. La nostra visione rimane quella di sempre, ovvero abilitare le persone a innovare attraverso l'elettronica». Lo stesso fondatore, ha aggiunto che grazie al rasserenamento che questa acquisizione porta in ambito societario, Arduino «guarderà sempre avanti e avrà più tempo per approcciarsi a nuovi settori dell'innovazione come l'Internet of Things». IoT nel futuro, dunque. E la conferma arriva dalle dichiarazioni del nuovo CEO, Fabio Volante: «Arduino continuerà ad applicare la sua ricetta vincente per la democratizzazione dell'Internet of Things per le persone, gli insegnanti, i liberi professionisti e aziende».

Un matrimonio durato poco

I fondatori della BCMI sono di fatto i fondatori di Arduino. E con questa operazione, della quale non sono stati resi noti i termini economici, tornano in possesso di una delle aziende più vivaci del panorama open source. Va ricordato che nell'ottobre 2016 era stato siglato un armistizio fra la “cordata” di Banzi e quella di Musto, collaboratore che, dopo aver preso il controllo della Smart Projects di Ivrea da Gianluca Martino, gli ha cambiato il nome in Arduino Srl, contenendo la proprietà di Arduino ai fondatori. Con una nota congiunta, i due “nemici” che si contendevano il marchio, e cioè Arduino LLC (Arduino.cc) e Arduino srl (Arduino.org), avevano ufficializzato l'accordo che metteva fine alle divergenze degli ultimi mesi. Un accordo dal quale era nata la “Arduino Holding”. Ora l'acquisizione da parte di BCMI.

Di seguito una intervista del 2024 al CEO di Arduino Fabio Violante:


domenica 7 gennaio 2024

Auto elettriche: la batteria al litio soffre il freddo e il caldo eccessivo


Tutte le vetture esposte ad un intervallo di temperatura tra -7°C e +35°C hanno mostrato lo stesso comportamento, perdendo circa il 12% delle prestazioni operando a basse temperature. Se viene attivato anche il sistema di climatizzazione interno al veicolo, la perdita di prestazione media può raggiungere anche il 41% (fonte: American Automobile Association). Le batterie agli ioni di litio, infatti, sono molto sensibili alla temperatura. A bassi valori termici i componenti sviluppano una resistenza crescente, influenzandone la capacità e la velocità di carica e scarica. D’altro canto, la corrente che fluisce nelle celle e le connessioni associate generano calore, per cui il raffreddamento è di vitale importanza. Questo riscaldamento è proporzionale al quadrato della corrente, moltiplicato per la resistenza interna delle celle e dei cablaggi:

H = k * I2 *R

La resistenza interna delle celle aumenta al diminuire della temperatura di esercizio. Alcune case automobilistiche raccomandano di non ricaricare rapidamente (fast-charging) batterie esposte a temperature al di sotto degli 0°C. Ma anche il caldo influisce sul comportamento delle batterie. Le celle agli ioni di litio cominciano a degradare rapidamente se la loro temperatura è eccessivamente alta (in genere il valore soglia è stimato sopra i 45°C), con conseguente impatto sulla sicurezza delle stesse. Elevate temperature, non costituiscono un problema solo per le prestazioni ma anche per la possibilità di eventi termici incontrollati. Per controllare il fattore temperatura, le batterie sono dotate di un sistema di raffreddamento/riscaldamento chiamato Thermal Management System (TMS), il quale gestisce i valori interni della batteria in funzione delle condizioni di esercizio, evitando di esporre il pacco batteria a valori estremi sia freddi che caldi.

Il freddo e la ricarica

Quando le temperature si avvicinano a 0 gradi, l'elettrolita diventa molto più denso e questa viscosità così alta rende difficile il passaggio degli ioni di litio. Di conseguenza, il rendimento della batteria scende anche del 15-20 per cento rispetto a quello ottimale. Anche la ricarica non è al top per gli stessi motivi. Se colleghiamo la vettura elettrica alla corrente con basse temperatura, la viscosità dell'elettrolita rallenterà la velocità di carica. Ecco spiegato perché un numero sempre maggiore di modelli a zero emissioni vengono equipaggiati con batterie climatizzate, che vengono raffreddate d'estate (anche il caldo eccessivo influisce negativamente sulla viscosità dell'elettrolita) e riscaldate in inverno. Ci sono poi modelli che quando viene impostata una colonnina di ricarica come destinazione sul navigatore, attivano un sistema di riscaldamento del pacco batterie così da ‘preparare' le celle a una ricarica più efficiente.

Il sistema di gestione termica (TMS) è una parte altrettanto o più importante di un veicolo elettrico a batteria (BEV)/ibrido elettrico (HEV) rispetto a un veicolo con motore a combustione interna (ICE). In un veicolo ICE, il TMS garantisce le prestazioni del gruppo propulsore/motore, del sistema di post-trattamento/scarico e HVAC (controllo del clima), mentre è collegato anche alla sicurezza e all'eliminazione dell'ansia da autonomia nel caso del veicolo elettrico. Il propulsore elettrico non è una tecnologia nuova al mondo, ma la tecnologia si sta evolvendo negli ultimi decenni, per superare i costi e renderlo commercialmente fattibile, caricando lo sviluppo infrastrutturale e l’eliminazione dell’ansia da autonomia. Negli ultimi anni, l’industria automobilistica indiana ha compiuto passi importanti verso l’elettrificazione sia delle autovetture che dei veicoli commerciali.

 

Sitografia

https://www.pirelli.com/global/it-it/road/auto/elettriche/auto-elettriche-la-batteria-soffre-il-freddo-49143/#:~:text=Il%20freddo%20e%20la%20ricarica,cento%20rispetto%20a%20quello%20ottimale.

https://antincendio-italia.it/batterie-agli-ioni-di-litio-e-linfluenza-della-temperatura/#:~:text=Ma%20anche%20il%20caldo%20influisce,impatto%20sulla%20sicurezza%20delle%20stesse.

 

giovedì 16 giugno 2022

La robotica in Italia: dalla Biorobotica di Pisa alla BEAM di Messina

 


L’Università di Pisa propone un corso di Laurea in Ingegneria Robotica e dell’Automazione, dove gli studenti hanno l’opportunità di acquisire gli strumenti per la gestione e il controllo dei sistemi di automazione. Il corso è suddiviso i quattro sezioni e prevede lo studio di:

·        meccanica dei robot;

·        controllo dei processi robotici;

·        robotica;

·        informatica e sistemi in tempo reale.

Ovviamente per l’iscrizione è richiesta la conoscenza dell’inglese, oltre che una laurea triennale con crediti ottenuti in fisica e matematica. Sempre a Pisa c’è l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna; si tratta di uno dei centri di ricerca più prestigiosi, un vero e proprio laboratorio di innovazione tecnologica. L’obiettivo dell’istituto è la formazione di risorse in grado di progettare robot che possano operare nel settore dell’ambiente. Proviamo a dare una definizione di robotica. La robotica è la disciplina dell'ingegneria che studia e sviluppa metodi che permettano a un robot di eseguire dei compiti specifici riproducendo in modo automatico il lavoro umano. Anche se la robotica è una branca dell'ingegneria, più precisamente della meccatronica, in essa confluiscono approcci di molte discipline sia di natura umanistica, come linguistica, sia scientifica: biologia, fisiologia, psicologia, elettronica, fisica, informatica, matematica e meccanica. Tornando alla Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna possiamo dire: “ L’avanguardia della biorobotica made in Italy prende forma nei laboratori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, all’interno dei quali si esplora la possibilità di attuare attraverso l’ingegneria, la meccatronica e la robotica macchine e sistemi avanzati ispirati al mondo vivente. L’Istituto studia tecnologie impiantabili, indossabili e collaborative: robot che interagiscono con gli esseri umani a livello sia fisico che cognitivo. I ricercatori dell’Istituto di BioRobotica sviluppano prodotti e soluzioni rivoluzionarie per la chirurgia e le terapie riabilitative: organi artificiali in grado di riprodurre le funzioni biologiche, esoscheletri che dialogano con il paziente e ne sostengono la riabilitazione motoria, robot microscopici che si muovono nel corpo umano per diagnosticare patologie e somministrare terapie. Uno degli aspetti innovativi è l’utilizzo di nuovi materiali morbidi ed elastici, al fine di realizzare tessuti artificiali che interagiscano meglio con l’organismo. L’elevata specializzazione raggiunta dalla ricerca nel campo della biorobotica è confermata dalla presenza dell’Artificial Hands Area, il laboratorio in cui vengono sviluppate mani e braccia robotiche da impiegare come protesi controllate dal pensiero. A tale scopo, vengono portati avanti studi multidisciplinari che riguardano la sensoristica tattile, gli algoritmi per il ritorno sensoriale e, naturalmente, la meccanica. Da questa linea di ricerca è nata nel 2009 la spin-off Prensilia, che sviluppa e commercializza mani robotiche in tutto il mondo “. Un particolare tipo di robotica è quella denominata BEAM, che recentemente ha dato prova di se a Messina, dove un gruppo di studio denominato MIT ( Messina Innovazioni Tecnologiche ) sta pensando alla creazione di una Silicon Valley dello Stretto.

In robotica il termine BEAM è un acronimo di:

·        Biology - i robot sono repliche di forme di vita elementari, funzionano ad energia solare e non hanno batterie

·        Electronics - i robots funzionano grazie a circuiti semplici e non fanno uso di microcontrollori programmabili e di software

·        Aesthetics - una certa attenzione viene posta all'estetica del circuito e del montaggio, spesso realizzato "in aria" (free-form), senza circuiti stampati

·        Mechanics - la parte meccanica della realizzazione è rilevante per il funzionamento del robot

Proprio a Messina nasce Robocicero, un robot antropomorfo che può essere controllato da un telecomando a infrarossi o da un personal computer dotato di un PDA a infrarossi. Nel sistema automatizzato è stata inserito un apparato vocale composto da una scheda Arduino (scheda elettronica ideata in Italia. È un progetto open source, sia per la parte hardware che per quella software. Viene utilizzato nella didattica, per costruire dei robot o nell’ambito della domotica ) e da una scheda Bluetooth.

 Sitografia:

http://www.educationduepuntozero.it/tecnologie-e-ambienti-di-apprendimento/storytelling-didattico-e-come-un-robot-puo-diventare-sindaco.shtml

https://www.symbola.net/approfondimento/scuola-superiore-santanna-di-pisa-ls100/

https://it.wikipedia.org/wiki/Robotica

https://digilander.libero.it/beamweb/beam.htm

 

sabato 29 gennaio 2022

Principio di funzionamento di una raffineria



Allo stato naturale il petrolio è detto anche greggio e non ha oggi impieghi pratici, ma dalla sua raffinazione è possibile ottenere materiali fondamentali per la vita quotidiana, come per esempio i combustibili che alimentano la maggior parte dei nostri mezzi di trasporto. La raffinazione del greggio fornisce anche sostanze che sono importanti materie prime per l’industria petrolchimica, necessarie per la produzione fra l’altro di materie plastiche, vernici, detersivi, fibre sintetiche e gomme. La raffinazione del greggio è effettuata nelle raffinerie, strutture industriali molto complesse. La distillazione del petrolio greggio rappresenta la prima fase del processo di raffinazione. Nell’impianto di distillazione il greggio, riscaldato fino a 350 °C circa, viene introdotto nella parte inferiore della colonna, a pressione ambiente. La colonna di distillazione è costituita da una serie di piatti, dotati di una particolare struttura a campanelle per favorire lo scambio di calore tra il vapore che sale gorgogliando e il liquido che scende. I piatti sono mantenuti a temperature decrescenti verso l’alto e su ciascun piatto condensano i componenti che hanno temperature di ebollizione prossime alla temperatura del piatto stesso, determinando così il frazionamento voluto. Il contenuto dei piatti viene continuamente prelevato, dando origine alle diverse frazioni, o tagli, del processo di distillazione: la benzina leggera e pesante, il cherosene, il gasolio, gli oli lubrificanti.