domenica 3 maggio 2009

Centrali termoelettriche e nanopatologie


Ultimamente, dopo l’accordo Berlusconi-Sarkozy, si è parlato spesso di centrali termonucleari, non focalizzando sufficientemente, a livello di pianificazione energetica, i problemi ambientali delle già progettate centrali termoelettriche a gas naturale, tecnicamente denominate Ngcc ( Natural Gas Combined Cycle ).
Con il meccanismo attivato in Italia della liberalizzazione del mercato dell’energia, si è assistito negli ultimi anni alla presentazione di numerose proposte di impianti termoelettrici a gas metano, caratterizzati da cicli combinati e cogenerativi, che si aggiungeranno agli esistenti impianti funzionanti con altri combustibili.
In generale, le centrali termoelettriche sono caratterizzate da una caldaia, alimentata automaticamente dal deposito che contiene il combustibile e attraversata da una serpentina nella quale circola l'acqua.
L'acqua, grazie alla combustione e all'energia termica conseguentemente creata, è riscaldata fino a circa 300°C trasformandosi in vapore; in seguito il vapore è ulteriormente riscaldato fino oltre i 450°C, acquisendo una notevole pressione.
Il vapore, con queste caratteristiche di temperatura e pressione, è convogliato sulla turbina, dove cede la sua energia cinetica facendo ruotare la stessa. La turbina a sua volta, collegata all'asse dell'alternatore lo trascina in rotazione. Nell'alternatore, in base al fenomeno dell'induzione elettromagnetica, l'energia meccanica trasmessa dalla turbina, è trasformata in energia elettrica. L'energia elettrica prodotta dall'alternatore è trasmessa al trasformatore che ne innalza la tensione, per evitare perdite, prima di immetterla nella rete di distribuzione. Il vapore che esce dalla turbina, escluse le centrali turbogas a ciclo aperto, è riportato allo stato liquido nel condensatore e ripompato nella caldaia.
Il camino della centrale termoelettrica, infine, espelle nell'atmosfera i fumi della combustione.
I produttori di energia termoelettrica dicono, riferendosi ai fumi della combustione, che è un processo molto importante, infatti, i fumi prima di essere rilasciati in atmosfera, devono essere opportunamente filtrati, per ridurre le emissioni inquinanti. Affermano, inoltre, che dalle centrali termoelettriche i fumi escono dopo aver subito un minuzioso processo di depurazione per garantire che l'inquinamento dell'aria sia veramente ridotto a valori inferiori ai limiti di legge.
Questi limiti di legge sono dettati dai decreti sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) scaricabili dal sito del Ministero dell’Ambiente, pertanto nei progetti per le nuove centrali Ngcc si dovrebbero menzionare oltre le polveri PM10 anche le PM2,5, ma soprattutto le PM0,1 come inquinanti di rilievo.
Diversi articoli di settore testimoniano che per le centrali italiane, ai fini della valutazione dell’inquinamento atmosferico, è richiesto unicamente di misurare il Pst ( Particolato Sospeso Totale ) primario filtrabile, che peraltro ha scarsa rilevanza sanitaria. Questo approccio si rivela quindi totalmente inutile per valutare l’inquinamento da polveri di centrali a gas che producono PM10, PM2,5 e PM0,1, principalmente di natura secondaria.
La definizione corrente di particolato contempla quattro categorie, a seconda dell’intervallo di dimensioni del diametro aerodinamico della particella, che indicato con (da) si denomina: ultrafine per da≤0,1 μm; fine per 0,1 μm≤da≤2,5 μm; grossolano per 2,5 μm≤da≤10 μm; ultragrossolano per da>10 μm.
Questa articolata classificazione è semplificata nella prassi comune ove si utilizzano i termini PM10, PM2,5 e PM0,1 per indicare tutto il particolato con diametro minore od uguale rispettivamente a 10, 2,5 e 0,1 micron (μm).
Il particolato atmosferico, quindi, è costituito da particelle inorganiche talmente piccole da poter essere inalate e, attraverso gli alveoli polmonari, assorbite dal sangue che può portarle verso ogni organo o tessuto del corpo umano dove, accumulandosi, possono dar luogo a processi degenerativi meglio noti con il nome di nanopatologie.
Le nanopatologie, pur coinvolgendo diversi campi della medicina, sono tematiche nuove al di fuori di ambiti scientifici molto particolari e ancora riservate agli addetti ai lavori.
Volendo offrire una loro definizione possiamo affermare che le nanopatologie sono le malattie provocate da microparticelle e, soprattutto, nanoparticelle inorganiche che riescono a penetrare nell’organismo, sia umano che animale, provocando effetti i cui meccanismi sono ancora in gran parte da indagare e approfondire.
In ambito medico, si comincia a prendere atto che l’incremento vertiginoso della concentrazione in atmosfera delle nanopolveri va di pari passo con l’incremento di affezioni, per esempio, di natura cardiovascolare, ed inoltre cominciano ad essere molto sospette malattie tumorali, malattie neurologiche, malattie della sfera sessuale e malformazioni fetali.
Per queste indagini ci si avvale principalmente degli ESEM (Environmental Scanning Electron Microscope), in altre parole microscopi elettronici a scansione ambientale, opportunamente modificati. Questi strumenti nanoscopici offrono la possibilità di osservare campioni biologici in "wet mode", vale a dire in condizioni di normale idratazione, a pressione atmosferica, senza la necessità di renderli elettroconduttivi tramite ricoperture di carbone o di metalli quali l'oro e il palladio.
Quindi, il principale obiettivo dell'analisi è l'individuazione di micro/nano-particolato inorganico eventualmente contenuto nell'esemplare in studio, che è raggiunto senza alcun processamento del campione.
Da monitorare, infine, anche il grande aumento delle patologie allergiche, specie a livello pediatrico, che potrebbe essere correlato a fenomeni d’inquinamento ambientale o a prodotti d’uso comune quale, ad esempio, il cemento cui vengono sempre più spesso addizionate le ceneri che residuano da processi di combustione fossile delle centrali termoelettriche, ma questa è un’altra storia.