domenica 7 febbraio 2010

California ombelico del nanotech


La rivista americana “Small Times” alcuni anni fa ha realizzato un’indagine per stilare una
classifica attendibile dei Top 10 tra gli Stati USA nella corsa a diventare il punto di riferimento nel campo del nanotech.
Per stilare questa speciale classifica “Small Times” ha fatto una analisi statistica per ogni Stato, considerando sei indicatori principali: il livello delle strutture di ricerca, la presenza industriale, la disponibilità di venture capital, l’innovazione, la qualità e la disponibilità della forza lavoro, i costi.
Questi parametri sono stati ponderati in modo da ottenere un punteggio totale per ogni stato variabile tra 100 e 1.
I pesi ponderali considerati in questa analisi statistica sono: la ricerca al 20%, l’industria al 20%, il venture capital al 20%, l’innovazione al 20%, la forza lavoro al 10% ed infine i costi al 10%.
Sulla base di questi indicatori la classifica per le nanotecnologie negli USA risulta essere capeggiata dallo stato della California.
Questo Stato rappresenta un vero e proprio volano per lo sviluppo delle nanotecnologie, poiché al suo interno risiede la Silicon Valley che possiede al massimo grado tutti i fattori indispensabili per favorire iniziative nel campo del nanotech.
Infatti, questi territori hanno le condizioni ottimali per attrarre ricercatori, vista la presenza di prestigiose Università come Stanford o Berkley, l’operatività di importanti aziende high tech e l’attrazione di ingenti Venture Capital (VC), provenienti non solo dal territorio nazionale USA ma da tutto il resto del mondo, anche in periodi economici non particolarmente rosei come gli attuali.
Ricordo che nella Silicon Valley, all'inizio degli anni Sessanta, attraverso aziende come l'Olivetti, gli italiani furono all'avanguardia nello studio del microchip e del mouse ( vedi Federico Faggin ), mentre oggi non hanno alcun rapporto con l'industria del nostro paese.
Questo legame con la rete industriale del proprio paese di origine è un'impresa riuscita con estremo successo ai cinesi, agli indiani e ultimamente anche agli israeliani , che hanno trasformato la loro patria in uno dei maggiori hub tecnologici del pianeta.
Ingegneri della Silicon Valley hanno fatto di città come Shanghai, Mumbai, Bangalore e Tel Aviv, i centri pulsanti della programmazione e della ricerca bioinformatica mondiale, dimostrando che la California era e rimane anche oggi l’ombelico dell’innovazione nanotech.